IXONE SÁDABA – PROCESSI 151

IXONE SÁDABA, abitare le rovine della modernità 


REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA

PROCESSI 151 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2023/2024

20 giugno 2024

 

SCHEDA TECNICA

Abitare le rovine della modernità

Ixone Sádaba

2024

 

TITOLO 1: CHI SOSTIENE L’ISTITUZIONE? I PARALIZZATO DALLA PAURA

TITOLO 2: CHI SOSTIENE L’ISTITUZIONE? II VIVO SENZA MEMORIA

Fotografie in stampa digitale su carta di cotone.

140 x 100 cm.

Ed 1/3.

2024

 

TITOLO 3: ROTTURA, SOSTEGNO E STRUTTURA DELLA ROVINA MORALE I

TITOLO 4: ROTTURA, SOSTEGNO E STRUTTURA DELLA ROVINA MORALE II

Strutture di legno e metallo + diversi elementi personali.

Dimensioni variabili.

Edizione unica.

2024

 

ABITARE Le rovine della modernità, il progetto

L’impalcatura è una struttura ausiliare e, al tempo stesso, essenziale nella conservazione architettonica delle rovine. Una struttura che mi interessa particolarmente per tre ragioni: per il carattere interessante della sua forma, per il fatto di sostenere e mantenere e per il modo in cui questo la lega alla maternità.

Partendo dal riferimento iniziale delle strutture di consolidamento delle rovine nate nell’Ottocento, prospetto qui un cambiamento di paradigma, un gioco semantico e formale sull’idea di rovina rispetto a quella della cura e del sostegno. Il progetto sviluppato in Accademia si concretizza in un’installazione di quattro opere, che concilia scultura e fotografia e che mi ha permesso di continuare l’esplorazione su cui si basa gran parte del mio lavoro.

Che cosa segnaliamo per il futuro? Stiamo puntellando una rovina morale?

Mentre ci sforziamo di sostenere le rovine di un impero, avanziamo tramite un processo di distruzione sociale sistematica. Un’idea di progresso che, nata dopo la Seconda guerra mondiale fondamentalmente negli Stati Uniti, convive con una forma patriarcale di fare politica che conforma la storia dell’Occidente (compresa la storia di Roma) e che ci ha portato fino a questa modernità ereditata; semplificata, etnocentrica e distruttiva. L’arroganza dei conquistatori e delle corporazioni rende incerto ciò che possiamo tramandare alla generazione successiva, umana e non umana.

Dalla mia posizione di artista e ricercatrice mi chiedo, come possiamo utilizzare meglio la nostra ricerca per arrestare l’ondata di rovina?

Possiamo mettere al centro l’atto del sostenere, del puntellare? È questo il ruolo del femminismo in pieno antropocene? E qual è il ruolo dell’immagine e della rappresentazione all’interno di un nuovo immaginario simbolico?

Che cosa decidiamo di preservare per il futuro?

L’impalcatura è una struttura ausiliare e, al tempo stesso, essenziale nella conservazione architettonica delle rovine. Usando come riferimento iniziale le strutture di consolidamento delle rovine nate nell’Ottocento, si prospetta un gioco semantico e formale sul trattamento preventivo della rovina. Un cambiamento di paradigma nel nostro concetto di cura e conservazione. Ponendo l’accento sull’atto di sorreggere e non sul sorretto.

Attraverso gesti di montaggio e assemblaggio, Sádaba genera una serie di paesaggi materiali costruiti con elementi trovati all’interno della fabbrica che comprendono vestiti da lavoro, mobili, piante e oggetti vari. In questo modo, le opere generano un racconto sulla materialità dell’Antropocene e un dialogo con le rovine architettoniche della centrale nucleare.

 su IXONE SÁDABA

Ixone Sadaba

Ixone Sádaba è un’artista e ricercatrice nata a Bilbao. Si è laureata in Belle Arti presso l’Università dei Paesi Baschi e ha completato la sua formazione presso l’Università Antonio de Nebrija di Madrid nel 2001 e con il Postgraduate Program dell’International Center of Photography di New York nel 2005.

Con oltre 20 anni di esperienza nel mondo dell’arte, ha sviluppato il suo lavoro tra gli Stati Uniti, Londra e l’Iraq e ha esposto le sue opere a livello internazionale in luoghi come il Museo Guggenheim di Bilbao, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, il MoCCa Contemporary Art Museum di Toronto e il Contemporary Arts Center di New Orleans.