RI-PENSARE IL PATRIMONIO

19 novembre
Giornate finale della ricercatrice residente alla Real Academia de España en Roma, Luisa Irazú López Campos, della stagione 2021/2022.

 

“Come percepiscono il luogo in cui vivono e con quali elementi si sentono identificati? Coincide la loro visione patrimoniale con la visione istituzionale? Possiamo, dalla cittadinanza giovanile, apportare investimenti affinché le Istituzioni concepiscano progetti patrimoniali attuali e adeguati? A partire da una metodologia partecipativo- orizzontale, di mia concezione, di generazione di apprendimento in tempo reale, si è lavorato su ciò che è per loro il Patrimonio e quali sono gli elementi con i quali si sentono identificati nella loro città e nel loro quartiere. Come risultato si cerca una radiografia patrimoniale di Roma, vista dai suoi giovani.”

La proposta si trova all’interno dell’azione-ricerca. Si tratta di approfondire i processi di costruzione sociale del Patrimonio, a partire dalla concezione e avviamento di laboratori partecipativo-orizzontali con giovani abitanti di Roma. Suddetto dispositivo funziona generando e stimolando apprendimento patrimoniale cittadino giovanile che può servire da base al possibile sviluppo di politiche pubbliche patrimoniali.

 

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LA PRESTE

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 149 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2021/2022

Dal 15 settembre al 27 novembre 2022

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la PRESTE, IL PROGETTO

Una PRESTE è una forma di festa andina di spirito transitorio.

ieri proposta da altri, oggi proposta da noi, domani la proporrà qualcun altro.

Non vuole essere di proprietà di nessuno in particolare ma allo stesso tempo di tuttx.

Il 9 luglio (2022) alle 10am la “Real Academia de España” a Roma apre le sue porte allo strano, allo storto, allo squallido, al bizzarro, al cuir, al carnevale; per pensare cosa succede “dopo” l’orgoglio.

Raccogliere quel che è rimasto per riciclarlo, ripensarlo, riutilizzarlo, reinventarlo e avanzare.

Questa PRESTE è un luogo di trasformazione; non essere più solx per poter essere unitx. Entriamo in Accademia togliendoci i vestiti, preparandoci per uscire verso altri luoghi. Siamo un festeggiamento che non finisce, che viene dalle manifestazioni, dalle rivolte, dalla vita.

La notte non finisce, il mattino è appena iniziato.

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Àlex Nogué – Processi 149

ÀLEX NOGUÉ,EL JARDÍN CERRADO


REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 149 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2021/2022

Dal 15 settembre al 27 novembre 2022

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Ubicación en sala; obras Àlex Nogué

scheda dati

A. Dell’aria spessa del Giardino (Evocazione a Leonardo da Vinci)

2022

70cm x 50cm

Acrílico y gouache sobre papel

Conjunto de siete interpretaciones de Villa di Livia.

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B. Del giardino chiuso

2022

70cm x 50cm

Acrílico y gouache sobre papel

Conjunto de siete interpretaciones de Villa di Livia.

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C. Degli alberi del giardino

2022

70cm x 50cm

Acrílico y gouache sobre papel

Conjunto de siete interpretaciones de Villa di Livia

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D. Libreta de notas. 2022

2022

Lápiz y collage

11,3cm x 15cm x 1,6cm, con 40 hojas

El cuaderno se encuentra dentro de una caja de cartón, pintada con acrílico de 13cm x 17,5cm x 4,2cm.

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Il giardino dipinto della Villa di Livia.Cultura e Natura, il progetto

Il mio lavoro preso la’Academia de España en Roma rappresenta un momento di creazione di nuovi progetti.

Proprio dopo aver presentato le mostre Jardines e Cuando los árboles soltaron la noche ho la necessità di riformulare liberamente i propositi che hanno orientato i miei recenti lavori.

Come punto di partenza ho scelto i dipinti della Villa di Livia, attualmente a Palazzo Massimo, perché è un’immagine che alimenta questioni fondamentali relative al binomio cultura/natura e corrobora l’utilizzo consapevole del visivo nella costruzione degli immaginari collettivi dell’epoca di Cesare Augusto.

Il giardino dipinto della Villa di Livia esprime in modo paradigmatico l’interazione tra elementi naturali ed elementi che appartengono alla cultura.

Un’espressione che, resa contemporanea, evoca gli ecosistemi propri dell’ecologia culturale. La natura condiziona una risposta culturale, e a sua volta la cultura trasforma la natura. Una lettura che in questo progetto si può estendere agli attuali spazi urbani.

Il giardino dipinto della Villa di Livia era, di fatto, un’installazione i cui elementi non si limitavano alla pittura bidimensionale, ma che era articolata con uno spazio architettonico molto particolare e con altri elementi come la mobilia per la sua contemplazione, una luce studiata, l’esistenza di elementi simbolici come una grotta, rappresentazioni scultoree mitologiche, etc… il che vincola un’opera storica al concettodi “installazione” come linguaggio multidisciplinareattuale.

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su ÀLEX NOGUÉ

Retrato Àlex Nogué

Àlex Nogué è artista visivo e professore ordinario dell’Universidad de Barcelona, UB. Editore della rivista di ricerca BRAC (Editorial Hipatia Press, Universidad de Barcelona) con criteri di valutazione internazionali.

IP del Grup de Investigación Consolidado BRAC (Barcellona, Research, Art, Creation). AGAUR/Generalitat de Catalunya. Professore all’Internationale Akademie für Kunts und Gestaltung. Faghhochschule Hamburg (1992-1996-2000- 2004). Esperto di ANECA ANEP (2010-2018). Assessore del Governo Basco per ricerca in arte, pre e post dottorato.

Ha pubblicato 8 libri sulla creazione artistica basati sulla sperimentazione personale. Ha realizzato 65 mostre personali nazionali e internazionali.

Il suo lavoro di creazione è legato alle condizioni della ricezione dell’opera d’arte e all’uso metaforico di riferimenti paesaggistici.

Ha il suo studio a Hostalest d’en Bas (Girona).

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Daniel de la Barra – Processi 149

DANIEL DE LA BARRA, ESTO NO ES UN PAISAJE: PINTURA DE VIAJE Y DIÁLOGOS DEL DESTIERRO


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REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 149 | mostra finale degli artisti e ricercatori residenti, stagione 2021/2022

Dal 15 settembre al 27 novembre 2022

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.A (4)

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FICHA TÉCNICA

A.Vista a volo d’Aquila

2022

Video

5’ 46’’

Créditos:

Cámara y dron: Emmanuele Quartarone

Cámara 2: Raquele Roppini

Montaje: Marzia Izumi

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 B. Esilio

2022

Óleo sobre lienzo

300 cm x 187 cm

Pintura realizada a partir de la excavación

 

C. La Conquista Della Terra

2022

Óleo sobre lino

184 cm x 147 cm

Basada en las portadas de la icónica y homónima revista fascista

 

D. Tormenta en Piediloco

2022

Óleo sobre lino

39,5 cm x 19,5 cm

Estudio de plein air

 

E. Amanecer a Piediloco

2022

Óleo sobre lino

32 cm x 16,5 cm

Estudio de plein air

 

F. Atardecer en Albano

2022

Óleo sobre lino

32 cm x 14,5 cm

Estudio de plein air

 

F. Playa de Castiglioncello

2022

Óleo sobre lino

30 cm x 19 cm

Estudio de plein air

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ESTO NO ES UN PAISAJE: PINTURA DE VIAJE Y DIÁLOGOS DEL DESTIERRO, il progetto

La obra de Daniel de la Barra nos habla de la crisis de la mirada colonial. Concretamente, de la crisis de la mirada hacia la naturaleza, de la representación del paisaje como proceso extractivo y de los puntos de fricción que existen entre imagen, historia y modernidad. Su trabajo multidisciplinario nos brinda la oportunidad de indagar en los conflictos coloniales que han relegado la naturaleza a un espacio subalterno de explotación y dominación y compone un ejercicio de contravisualidad que reflexiona, desde una perspectiva global, acerca de la representación del paisaje como proceso extractivo y ejercicio de poder.

El proyecto desarrollado durante la residencia en la Real Academia de España en Roma durante el año 2022 parte de diversas referencias a la pintura de paisaje de los artistas viajeros, específicamente de los pintores paisajistas que históricamente formaron parte del corpus de becados de la Academia. De entre éstos, destaca la figura de Nogué Massó, la cual investiga con la colaboración del historiador Joan Sendra. Obras como Castiglioncello, Lago de Albano o Piedilupo testimonian el paso de Massó por la institución y por el territorio. A través de esta búsqueda, de la Barra prueba un ejercicio de autosometimiento a las exigencias que tanto Massó como los demás pintores paisajistas tuvieron durante su estancia. Los dos estudios al natural, el cuadro de paisaje al óleo, los dos cuadros con figura y animal y el cuadro de gran composición “que entrañe un sentimiento o la expresión de una idea”, requeridos durante los tres años que abarcaba la beca, son revisitados ahora por de la Barra a través de múltiples formatos.

El proyecto performativo y pictórico Vista a volo d’aquila. Pittura di viaggio e dialoghi in esilio (2022) agrupa diversas piezas entre instalación, vídeo y pintura, concebidas a partir del contacto con algunas regiones Italianas de importancia para los paisajistas viajeros, como la Toscana o el Lazio. El Agro Pontino, zona de marisma de la provincia de Latina, Lazio, compone uno de los lugares centrales para entender la problemática de la aportación del imaginario de la pintura de paisaje a la matriz moderno-colonial. La región pontina arrastra una historia de conflictos territoriales que han sometido la naturaleza a un proceso de destierro permanente. Obras como Departure for the Hunt in the Pontine Mashes de Horace Vernet (1833) inspirada en el Romanticismo decimonónico o la serie de paisajes finiseculares Sunset on the Pontine Mashes y Laguna Pontina (1896) del catalán Enrique Serra y Auqué, de estética post-impresionista, nos muestran las zonas pantanosas a través de paisajes terribles y hostiles, atardeceres rojizos y agónicos. La nostálgica luz crepuscular de los atardeceres de Serra nos ofrece una naturaleza exuberante a la vez que remota y desoladora.

 

El imaginario tradicional de la pintura de paisaje centrado en la idea de lo inabarcable, adverso y peligroso tiene estrecha relación con los procesos modernos de colonización, saneamiento y ordenación del territorio. Como explica Misiani, «El paisaje artístico que atraía a los viajeros del pasado, se había visto sustituido por un paisaje social, en cuyo centro estaba la condición humana de los campesinos.» Las aspiraciones políticas, económicas, sociales e ideológicas de la modernidad italiana se proyectaron, como explica Snowden, en la creación de la provincia de Littoria paralelamente al proyecto de erradicación de la malaria. Pero si bien los orígenes de este proceso se encuentran en el Risorgimento italiano y en el proyecto de la Bonifica Integrale, el relato fundacional civilizatorio del Agro Pontino se sustenta, aún actualmente, en la Città di Fondazione fascista y en la Legge Mussolini de 1933.

 

El proyecto fascista y su propaganda contribuyó a la creación de una nueva identidad de “campesinos-colonos” fruto de la denominada “política de colonización interior” que, como sostiene Misiani, propició la creación de «[…] una estética social del paisaje que se inspiró en la pintura paisajística del siglo XVII y que introdujo en el espacio el realismo social.»

La apropiación intensiva de la tierra y los modelos extractivistas de explotación no solo tienen consecuencias directas sobre los ecosistemas, sino también sobre el tejido poblacional y su calidad de vida, trabajadores y trabajadoras rurales, campesinos, población indígena y contingentes de clases populares. En este sentido, las implicaciones de la transformación “totalitaria” de la tierra a través de este “realismo social paisajístico” no consiguió erradicar la malaria tal como había profesado y produjo, además, una pauperización de las condiciones de vida de los trabajadores desplazados ex profesopara tal empresa. La fundación fascista de Littoria, hito del proceso de “expansión imperial-colonial interior”, constituyó a su vez un preámbulo para las aspiraciones coloniales internacionales centradas en la invasión colonial de África Oriental. La matriz colonial de este modelo de desarrollo ad hoc atraviesa los actuales sistemas de producción y acumulación y, sobre todo, las condiciones de semi-esclavitud de los trabajadores migrantes racializados de las explotaciones agrícolas intensivas pontinas, jornaleros sin garantías laborales, mayormente personas sij, presas de las “agro-mafias”.

 

En este contexto, las cuatro pinturas a plen air, la instalación Esilio, la pintura La Conquista della Terra y el vídeo Vista a volo d’Aquila prueban trazar una crítica a la misma construcción del paisaje, sus imaginarios y el conflicto con el territorio. De la Barra interviene un campo de cultivo con ayuda de una máquina retroexcavadora extrayendo de la tierra la palabra “Esilio”. Debido a sus grandes dimensiones ésta sólo puede leerse completamente desde gran altura, como se dice tradicionalmente “a vista de águila”. La palabra Esilio entendida como “destierro” nos habla de la expulsión de un lugar o territorio determinado. El destierro nos remite a una lejanía y a una ausencia y, en el lenguaje ascético de reminiscencia dantesca, al mismo infierno donde las almas quedan excluidas del paraíso. La acción de extraer la tierra de su lugar de pertenencia nos remite al desplazamiento histórico del territorio de su propio paisaje y a la contradicción entre la sacralización de la memoria del paisaje pontino, desde el romanticismo hasta el fascismo, y los procesos extractivos de herencia fascista que dominan aún hoy el territorio.

 

Esta acción interpela también el imaginario fundacional fascista aún presente en la región, donde esculturas de águilas habitan el territorio y los hogares de los propietarios agrícolas. La pintura La conquista della terra se apropia de las portadas de la icónica y homónima revista fascista dando cuenta de las intersecciones radicales entre fascismo, modernidad, capitalismo y colonialidad que atraviesan este territorio y que reproducen  globalmente la matriz colonial del poder y sus estructuras de explotación:  de la naturaleza, de los y las trabajadoras del sur global, las jerarquías de clase, raza, género, la división del trabajo y la alienación.

Una de las formas fundamentales, y quizás  la más importante, en que el arte puede contribuir a la acción colectiva es a través de su potencial de imaginación política. Partiendo de la idea del paisaje como producción cultural y como centro de fricción donde convergen las contradicciones del mundo moderno, la construcción de su imaginario y sus jerarquías de poder, este proyecto busca desarrollar una crítica a la violencia socioambiental de las zonas agroindustriales sud-europeas. Estas obras nos hablan, en definitiva, de las implicaciones globales de los modelos extractivos contemporáneos en las entrañas del propio occidente y de la descentralización de las jerarquías centro-periferia como reproducción del modelo extractivo-colonial en otros territorios. Sin duda, nos brinda un espacio privilegiado donde poner en entredicho las dinámicas y estructuras de poder que han relegado la naturaleza a un espacio subalterno de explotación y dominación, así como sus implicaciones materiales y humanas. Se trata de un ejercicio de disenso político y estético que propone otras formas de pensar y defender la vida y nuestro mundo en común mediante un ejercicio constante de imaginación política que, desde el arte, pueda combatir la crisis ambiental y el avance depredador del modelo extractivo contemporáneo.

 

 

Texto: Antonella Medici

 

 

Producción vídeo: 

Cámara y dron: Emanuelle Quartarone

Cámara: Raquele Rappini

Montaje: Marzia Rumi

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Su DANIEL DE LA BARRA

4_Daniel-de-la-Barra2Lima, Perú. 1992. Su investigación procura un despliegue horizontal de observaciones críticas que basa en un extenso trabajo documental y en la experiencia directa. Huyendo del punto de vista solitario, sigue líneas transversales que puedan, en una perspectiva estructural, poner de relieve las condiciones históricas de explotación del medio por parte de las estructuras de poder y el rol que asume el arte y la historia en esta operación.

Se mueve entre la pintura, la instalación y la intervención pública, centrando su trabajo en la re-construcción de narrativas históricas dentro de la imposición jerárquica de poderes de dominación.

En los últimos años ha realizado residencias artísticas en centros como La Escocesa, Piramidon Centre d’Art Contemporani, Homesession (Barcelona), La Fabrique (Lima, Perú) o The Nerdrum School (Suecia) y ha a recibido la Beca de investigación de La Escocesa en 2018 y 2019, El Premio d’Art Jove (Sala d’Art Jove) en 2019 y 2021 para realizar un proyecto conjunto con La Panera de LLeida y Lo Pati Centre d’Art.

Su trabajo ha sido expuesto recientemente en centros como El Castillo de Montjuic, mediante el Premio Creació y Museus, en Fabra i Coats, Arts Santa Mónica, El Centro de la Memoria El Born CCM, La Bienal de Amposta en Lo Pati Centre d’Art, la Sala d’Art Jove, Homesession o el Museo Central de Lima (Perú).

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Sergio Arribas – Processi 149

SERGIO ARRIBAS, paradosso/romolo


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REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 149 | mostr finale degli artisti e ricercatori residenti, stagione 2021/2022

Dan 15 settembre al 27 novembre 2022

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.ESQUEMA

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scheda dati

A. Marble

2022

Instalación.

Sublimación sobre neopreno y felpa.

Medidas Diversas
La instalación reúne algunos de los tejidos desarrollados para la creación de la colección “Paradosso” e incluye la aplicación de uno de estos estampados sobre un look completo, compuesto por chaqueta y pantalón. Los motivos impresos, a través de la técnica sublimación, hacen referencia a marmoles encontrados en museos de la ciudad de Roma (Vaticanos, Capitolinos y Palazzo Barberini).
Créditos: Confeccionado por Pascual Caballero.
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B.  Human Rights are Also Rights

2022

Video

4′

Resolución 1920 x 1080

Pieza inacabada. Este video, todavía en proceso, usa los códigos de la publicidad de moda y los fashion film, para ironizar sobre el brandwashing de las grandes corporaciones de la industria textil y la cultura de la cancelación. El guión ha sido elaborado en colaboración Almudena Ramírez-Pantanella, residente de la Real Academia de España este mismo año.

Créditos:
Dirección Creativa: Sergio Arribas

Patronaje & Confección: Pascual Caballero
Guión: Almudena Ramírez-Pantanella
Dirección Escénica & Espacio Sonoro: David Orrico
Fotografía: Vincent Urbani
Vídeo : Antonio Arcaro
Edición: Sergio Arribas
Maquillaje:  Gala Philipe
Estilismo: Sara Bacigalupe

Modelos: Samba, Danielle Corboli, Elizabete Gritale, Davide Morana y Fatou
(Carmen Durán Model Management & Brands Sports & Entertainment)

Cualiti Photo Studio

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C. Mecha Prosthetic Leg
Escultura
Organdí
45 cm x 70 cm x 30 cm
Pierna protésica realizada en organdí. Esta pieza confronta la dureza de las formas y líneas mecánicas inspiradas en los Mecha, robots colosales protagonistas de series de animación japonesa, con la delicadeza de los procesos artesanales humanos.
Créditos: Confeccionado por Ayako Yokota
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D. Jacket Variations
Instalación
Tejidos técnicos
Medidas Diversas
En esta pieza se muestran tres variaciones de un mismo patrón de chaqueta, confeccionadas con tejidos técnicos diversos. La instalación muestra la investigación llevada a cabo durante la beca sobre la repetición, la transformación y la copia.
 Créditos: Confeccionado por Pascual Caballero.
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F. 
Junto a estas piezas los visitantes pueden ver en la sala 3 pequeñas figuras que muestras la transformación del cuerpo humano a traves de la técnología. Además pueden consultar un fanzine que recoge el proceso de creación, procesos y prototipos realizados en el estudio 30 durante la residencia en la Real Academia de España en Roma.

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Paradosso/romolo, il progetto

Il progetto usa come punto iniziale il paradosso di Teseo, secondo il quale ci si chiede se la nave dell’eroe greco continuasse a essere la stessa pur avendo sostituito ogni singolo pezzo originale. Paradosso/Romolo indaga i processi di sostituzione e copia, cercando di trasferire al linguaggio della moda e ai codici tessili alcune delle conclusioni di questa ricerca sulla replica.

Plutarco prospettò nel suo libro “Vite parallele” un’analogia tra le biografie di Teseo e Romolo, rispettivamente fondatori di Atene e Roma. L’antica Roma, debitrice alla civiltà greca, riproduce gran parte della sua iconografia e dei suoi simboli, creando la cultura classica che ancora oggi stabilisce i canoni estetici e culturali dell’occidente.

Proprio come i filosofi classici si chiedevano se l’essenza della nave di Teseo si conservasse dopo aver sostituito tutte le assi, questo progetto indaga l’identità di un individuo che muta tecnologicamente, ponendosi le seguenti domande: fino a che punto un umano modificato tecnologicamente continua a essere umano? Di quali elementi avrebbe bisogno una macchina per poter prendere coscienza della propria esistenza? Può un essere umano esistere esclusivamente in un ambiente digitale?

La ricerca si tradurrà in un progetto interdisciplinare con la moda come asse principale, ma includerà altre discipline delle arti applicate e visive (design di prodotto, grafico e creazione audiosivisva…) servendosi inoltre dell’uso delle cosiddette nuove tecnologie.

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su SERGIO ARRIBAS

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Valencia 1981. Direttore Creativo, laureato in Belle Arti alla Politécnica di Valencia ha cominciato la sua carriera collaborando con media specializzati in design e tendenze. Dopo aver lavorato diversi anni nell’ambito educativo, come docente e responsabile di comunicazione delle scuole creative IED Moda Lab Madrid e TAI, ha dedicato gli ultimi anni al settore della moda e del lusso.

Una delle sue prime incursioni nell’industria della moda è stata in qualità di curatore della campagna di lancio del negozio online di Zara negli Stati Uniti. In seguito ha lavorato nel dipartimento di immagine e comunicazione del marchio Lefties, sviluppando il cambio d’immagine della firma del gruppo Inditex. Attualmente lavora nel dipartimento di marketing globale di Lladró, azienda spagnola di artigianato e porcellana artistica, come direttore d’arte e contenuto, dirigendo campagne e pubblicità della firma di tutti i suoi territori.

Dal 2017 fa parte del collettivo Existence Research Program, nel quale collaborano creativi e scienziati di diverse discipline, sviluppando progetti che uniscono moda, arte e tecnologia. Nel febbraio dello stesso anno è stata presentata la sua prima collezione “Europa” alla Mercedes Benz Fashion Week Madrid nell’ambito della piattaforma EGO Samsung.

LEIRE SAN MARTIN – Processi 149

LEIRE SAN MARTÍN, AGUJERO SE DICE BUCO SE PARECE A BOCA


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REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 149 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2021/2022

Dal 15 settembre al 27 novembre 2022

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scheda dati

Leire San Martín Goikoetxea, Sara Martín Terceño y Marión Cruza Le Bihan

Fragmento de la performance realizada en la inauguración de Processi 149

15 de septiembre de 2022

Vídeo

 

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AGUJERO SI DICE BUCO SEMBRA BOCCA, il progetto

Una voragine (detto alla romana, con accento, ma non grafico, sulla a e letto come se avesse due g) è un buco che si apre nelle strade di Roma quando per esempio piove o si rompe una tubatura o quando alla città sotto la città viene la voglia di spuntare fuori. È anche il nome della rivista che nasce come risultato di un movimento voraginoso, rapido, turbinoso e poco metodico attraverso il quale Leire è entrata in contatto con diverse esperienze, spazi, persone della città, e che Sara ha seguito, ascoltato, letto, fatto risuonare da Madrid. Pensare la mediazione come dispositivo attivatore del desiderio, visto dal conflitto nel senso in cui lo intendono Benasayag e Del Rey nel loro Elogio del conflitto: “… tutte [le] immagini normative della felicità hanno in comune il fatto di presentarsi come momenti di realizzazione del desiderio, e dunque di cessazione del conflitto. La felicità è anzi assimilata al punto d’arresto del desiderio e del conflitto. È il luogo metafisico della tranquillità assoluta […], il desiderio è infatti concepito come il nemico della felicità, ed essere “felice” significa essere al riparo dal divenire. Se il desiderio ci introduce per definizione nel divenire, dunque nel movimento contraddittorio, nel conflitto, le nostre società hanno costruito un modello di felicità che tradisce il desiderio profondo di farla finita con il desiderio […]” 1 . Mediazione sarebbe dunque una forma in grado di riconoscere la molteplicità che ci compone, che, lungi dal silenziare il desiderio, lo renda possibile come forma di benessere radicale.

Sara Bautista, in uno degli incontri al Metropoliz-MAAM, si emozionava mentre parlava del processo istitutivo insieme alla gente dell’arte e dell’attivismo, alleanza che ha provocato in lei uno spostamento dalla paura di perdere la sua casa alla lotta per la difesa della casa. Giancarlo Savino, al Corviale, dice che lì il semplice stare degli artisti provoca già un certo smottamento all’interno di un’architettura concreta: di cemento, dove tutto passa sotto. Bevendo una birra con Carlo abbiamo pensato che aprire buchi per far entrare (nel suo caso a Clinica Legale nell’edificio dell’università) può de-istituzionalizzare, squilibrare, de-normativizzare.

Il 16 febbraio del 2022 siamo andate a cercare le statue parlanti, attratte dal fenomeno delle parole che apparivano ai piedi delle pietre nel Cinquecento romano. Qualche mese più tardi anche noi parlavamo attraverso il buco nella pietra che è voragine.

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SU LEIRE SAN MARTÍN E SARA MARTÍN

leire y saraSara Martin e Leire San Martín si sono conosciute a Murcia. Il loro rapporto passa dal lavoro all’amicizia, dall’amicizia al lavoro, attraversato dall’interminabile conversazione sulla pratica in mediazione, luogo dal quale entrambe operano in istituzioni culturali come Tabakalera a Donostia o MNCARS a Madrid. Questa è la terza volta che lavorano insieme, pensandosi corpo plurale che dialoga e interpella la disciplina stessa.

Diego Aramburo – Processi 149

DIEGO ARAMBURO, A occhi chiusi


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REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA

PROCESSI 149 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2021/2022

Dal 15 settembre 2022 al 27 novembre 2022

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SCHEDA DATI

 

1. EMANUELA

Videoretrato (en reversa).

13’50”

Concepción: Diego Aramburo

Foto y registro: Diego Aramburo

Edición: Comunica (Simón Ávila), y Diego Aramburo

Entorno Digital: Alejandro Soto

Composición Musical y Entorno Sonoro: Oscar Kellemberger

Asesoría a la investigación y proyecto: Andrea Riera

Web: Turu Producciones

Agradecimiento a Sara Aramburo y María Fernanda Antuña

Producción: Aramburo/Kiknteatr © 2022

Creado en el marco de la Residencia Artísica de la Real Academia de España en Roma

 

Esta videoinstalación es parte del proyecto que consiste en intentar recuperar la capacidad de relacionarse con lo diverso a unx mismx y establecer relaciones sostenibles a pesar, e incluyendo, la diferencia. ‘Ritualizar’ algún hábito particular presente en los encuentros con cada persona se inspira en el ‘acullico’ boliviano, así como la idea de construir un ‘nosotros’ mas amplio, que incorpora al ellos y a ustedes en ese plural compartido, en primera persona.

Encontrar tiempo para pasear la ciudad. Reír. Comer algo tradicional.

Preguntarse cosas, de política, de la vida y formas de ser. Escuchar.

Emanuela es una profesional muy dedicada en su trabajo. Al mismo tiempo es una persona muy preocupada por las personas y la sociedad.

La amistad que desarrollamos inicia con su sensibilidad por los demás, lo que la hace ser curiosa con las personas y luego surge su generosidad, basada en su simpleza. Esto, su timidez, su espontaneidad y optimismo la hacen diferente y especial.

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2. SAMIR

Videoretrato (en reversa).

13’48”

Concepción: Diego Aramburo

Foto y registro: Diego Aramburo

Edición: Comunica (Simón Ávila), y Diego Aramburo

Entorno Digital: Alejandro Soto

Composición Musical y Entorno Sonoro: Oscar Kellemberger

Asesoría a la investigación y proyecto: Andrea Riera

Web: Turu Producciones

Agradecimiento a Sara Aramburo y María Fernanda Antuña

Producción: Aramburo/Kiknteatr © 2022

Creado en el marco de la Residencia Artísica de la Real Academia de España en Roma

Esta videoinstalación es parte del proyecto que consiste en intentar recuperar la capacidad de relacionarse con lo diverso a unx mismx y establecer relaciones sostenibles a pesar, e incluyendo, la diferencia. ‘Ritualizar’ algún hábito particular presente en los encuentros con cada persona se inspira en el ‘acullico’ boliviano, así como la idea de construir un ‘nosotros’ mas amplio, que incorpora al ellos y a ustedes en ese plural compartido, en primera persona.

Encontrarse entre los varios trabajos de Samir. Tomar algo.

Hablar de la vida, de religión, hábitos y política. Caminar sin hablar.

Samir llegó a Italia como refugiado, desde Afganistán, pero luego de haber pasado por varios países en Europa, huyendo de la situación de su país.

La amistad que hemos establecido se basa en su curiosidad que sólo encuentra paralelo en su ilimitada y poco común generosidad y su preocupación por compartir lo que él cree y piensa que puede beneficiar a los demás.

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3. MEL

Videoretrato (en reversa).

11’56”

Concepción: Diego Aramburo

Foto y registro: Diego Aramburo

Edición: Comunica (Simón Ávila), y Diego Aramburo

Entorno Digital: Alejandro Soto

Composición Musical y Entorno Sonoro: Oscar Kellemberger

Asesoría a la investigación y proyecto: Andrea Riera

Web: Turu Producciones

Agradecimiento a Sara Aramburo y María Fernanda Antuña

Producción: Aramburo/Kiknteatr © 2022

Creado en el marco de la Residencia Artísica de la Real Academia de España en Roma

Esta videoinstalación es parte del proyecto que consiste en intentar recuperar la capacidad de relacionarse con lo diverso a unx mismx y establecer relaciones sostenibles a pesar, e incluyendo, la diferencia. ‘Ritualizar’ algún hábito particular presente en los encuentros con cada persona se inspira en el ‘acullico’ boliviano, así como la idea de construir un ‘nosotros’ mas amplio, que incorpora al ellos y a ustedes en ese plural compartido, en primera persona.

Verse entre ciudades. Mel trabaja haciendo tours. Capuccino y brioche.

Hablar de objetivos, luchas, y sobre el arte de representar. Y sobre callar.

Mel es una mujer trans ítalo-brasilera. Ha sido parte de las luchas LGTBIQ+ en Brasil y ahora comienza a serlo en el norte de Italia.

Con ella construimos una profunda amistad gracias a compartir tiempo de calidad en los espacios de Mel, que ella tuvo la generosidad de abrirme. La diferencia su incansable lucha para superar barreras (falsas), impuestas por la sociedad la llevó a ser una referente cultural en su Londrina natal.

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a occhi chiusi, il progetto

L’esperienza della pandemia ha reso più visibile il processo di isolamento che gli individui, perlomeno nella “cultura occidentale”, avevano avviato già da tempo e che ha
subito un’accelerazione con l’arrivo dei social network.

In “A OCCHI CHIUSI” si propone una serie di incontri con persone differenti, diverse tra loro (di ambienti urbani o meno, o di collettivi marginalizzati nel loro contesto, per esempio) in cui nasce la prima domanda: riusciamo a incontrare qualcuno di “diverso” attualmente? Usciamo dalla nostra piccola cerchia familiare, sociale o lavorativa? E se a volte cerchiamo di farlo, come ci riusciamo? Abbiamo alzato delle barriere per non farlo – almeno non comunemente – davanti a noi stessx? Come le superiamo?

Una volta raggiunto il menzionato contatto con l’alterità, la fase successiva del progetto consiste nell’osservare se si riescono a stabilire alcuni incontri in quanto tali (e non soltanto entrare in contatto con queste persone).

A tale scopo, in “A OCCHI CHIUSI” si prospetta che gli incontri siano mediati da un pranzo ordinario in cui si cercherà la semplicità della ripetizione, puntando così alla qualità del tempo condiviso e riflessivo presente nel “acullico” (masticazione andina della foglia di coca naturale in un atto comunitario, masticazione di una forma ritualizzata che permette l’ascolto attento di ciò che ogni partecipante all’incontro abbia da dire, proporre, richiedere, offrire).

È possibile stabilire “rapporti umani” in un’epoca in cui stabiliamo moltissimi contatti e molti rapporti lavorativi, rapporti pratici, pragmatici e rapporti utilitaristici? La natura investigativa e creativa di questo approccio riuscirà a modellarsi per creare lo spazio per dialoghi e, forse, rapporti? Per questo, dunque, lungo tutto il processo, ci si interroga se questo tipo di attenzione/cura “rituale” incentrata sull’ascolto dell’altro contribuirà a far sì che queste riunioni diventino atti/fatti di INCONTRO…

E, partendo dal presupposto che nel mondo andino c'è un “noi” simile a quello “occidentale” – separato da loro, ma che c'è un altro “noi” che racchiude tutti e tutto il resto, e avendo anche un tempo andino che “retrocede verso il futuro” (come all’indietro sono i video-ritratti che nascono dagli incontri del Progetto), si riesce a ritornare all’abilità di ascoltare chi è fuori dalla cerchia immediata, che consideriamo diverso? Uscire dalla bolla per dedicarsi a una “poco probabile” ma potenziale Amicizia?

E, in modo personale e pensando alla rappresentatività (una delle caratteristiche delle arti sceniche), posso ridiventare qualcosa di più della mia individualità? Un io/me rappresenta una pluralità/comunità o soltanto la mia individualità, le mie azioni sono rappresentative di un qualcosa di più grande della mia (effimera) individualità?

Posso guardare/guardarmi negli occhi? Fidarmi?

Penso che i tre video-ritratti presenti non siano solo delle persone, qualità e storie nelle quali mi sono imbattuto nel viaggio di questi incontri umani; penso che questi, e gli altri che verranno, siano testimoni di questo processo in cui credo di riuscire a veder riflesso e guardare, negli occhi, il presente – e riesco anche a vedermi in un cammino che cerca di curare la mia stessa difficoltà di avere dei rapporti.

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su DIEGO ARAMBURO

Diego

Artista, drammaturgx e regista scenicx bolivianx che lavora a livello internazionale, invitatx a dirigere allestimenti per teatri ufficiali del mondo, nonché a girare e a presentarsi nei festival internazionali con le creazioni fatte in Bolivia con la sua compagnia Kiknteatr. Premiatx numerose volte per le sue creazioni sia nel suo paese che all’estero, Diego Aramburo ha ricevuto due volte la Medaglia d’Onore dell’Assemblea Legislativa del suo paese per il suo contributo alla cultura.

I suoi testi sono stati tradotti, pubblicati e messi in scena in diversi paesi e lingue e il suo lavoro si suddivide in due linee principali: le creazioni di ricerca interdisciplinari e gli allestimenti “prettamente teatrali” di grande formato.