2020/2021
PROGETTO
DE SCULPTURA
Il titolo è preso dal trattato rinascimentale De sculptura, pubblicato nel 1504. Il suo autore, Pomponio Gaurico, afferma che “nell’antica Roma il popolo immaginario delle statue (populus fictus) era pari a quello delle persone vive”. Attualmente, a quel popolo immaginario delle immagini bisogna aggiungere quelle che abitano i più o meno nuovi media, in cui il numero è infinitamente più grande di quello degli abitanti del pianeta. Non è con la loro onnipresenza che si espleta la funzione esemplare che svolgevano le statue? Fino a che punto in questa iconografia sopravvive e si diffonde – e allo stesso tempo si evolve e si trasforma – il discorso patriarcale che pretende la subordinazione delle donne, il ruolo accessorio della loro immagine, la loro denigrazione, il loro asservimento?
Nel frattempo, quelle statue si contemplano oggi, con devozione, all’interno dei musei e le loro infinite repliche sono fruite come souvenir. Ricordi. Promemoria. Ingenui manufatti che impercettibilmente ma senza sosta trasmettono un avvertimento, una minaccia rivolta a tutte le donne: essere oggetto di violenza non è un evento eccezionale, ma una parte essenziale alla base dell’ordine sociale.
L’espressione de sculptura (sulla scultura, della scultura), agli occhi, alle orecchie degli ispanofoni può suggerire l’idea di descultura, di desescultura, di una scultura alterata, capovolta. Allo stesso modo, in italiano, il verbo esculpir è scolpire. Laddove colpire (in castigliano golpear) crea un gioco di parole che ci permette di leggere la “s” iniziale come una particella privativa, simile al prefisso spagnolo “des”, invertendone così il significato: des-golpear, de-colpire. Il nostro lavoro di rilettura critica della scultura, delle mitologie della figura scultorea e delle sue mutazioni nella cultura consumista, mira a identificare le velature, gli eufemismi, le mimetizzazioni di quella violenza storicamente subita dalle donne per millenni, per visualizzarla, neutralizzarla, ribaltarla, smantellarla.
BIOGRAFÍA
Elo Vega
Artista visiva e ricercatrice, dottoressa in Investigación en Artes y Humanidades.
Ha svolto residenze accademiche internazionali presso l´Ecole de Beaux-Arts di Nantes; la Facultad de Filosofía y Letras nella Benemérita Universidad di Puebla; Facultad de Filosofía y Letras dell’Universidad Autónoma della Baja California; e nel Programa de Estudios de Género dell’Universidad Nacional Autónoma de México.
Il suo lavoro tratta questioni sociali, politiche e di genere da una prospettiva femminista antipatriarcale, attraverso progetti artistici che sono allo stesso tempo dispositivi di critica della cultura come strumento politico: produzioni audiovisive, mostre, pubblicazioni, interventi in spazi pubblici, lavori in rete, corsi e laboratori che affrontano i processi di generazione e riproduzione di ideologia e costruzione di identità.
Ha partecipato a progetti di pedagogia collettiva ed esposizioni, riguardanti in particolar modo la costruzione della storia, la memoria e le identità collettive, in numerose istituzioni culturali d’Europa e America Latina, tra cui: CAAC (Siviglia), CAAM (Las Palmas de Gran Canaria), CCCB (Barcellona), CGAC (Santiago de Compostela), MACBA (Barcellona), Museo ICO (Madrid), MNCARS (Madrid), Museu Picasso (Barcellona), IVAM (Valencia), MUSAC (León) o il MAC di Santiago del Cile.