BRIGITTE VASALLO – Processi 151

BRIGITTE VASALLO

[ROMA O MORTE]


REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA

PROCESSI 151 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2023/2024

20 giugno 2024

 

[ROMA O MORTE], IL progetto


Joseph Kosuth crea One and Three Chairs nel 1965, la ricerca della “sedia” attraverso tre diversi registri. Il museo che ospita l’opera dice nel suo catalogo che l’artista “ci invita a decifrare le frasi subliminali con le quali articoliamo la nostra esperienza dell’arte”.

 

Non sono un’artista: sono una scrittrice alla ricerca di una letteratura per non lettrici, una scrittrice figlia di contadine illetterate di tradizione orale. Analfabete, ci chiamavano. Nel mio villaggio, Chandrexa de Queixa, il signor Alfredo che ha quasi cent’anni è preoccupato perché la banca non gli permette più di firmare con l’impronta del pollice. Dice che, da quando sono arrivate le scartoffie, l’essere umano ha smesso di avere parola. Che, prima delle firme e dei contratti, le parole non erano qualcosa che poteva essere spazzato via dal vento, che il nominare era materializzare. Eravamo persone di parola, dice.

 

Non conosco Joseph Kosuth: ma parlando con Ixone Sádaba, un giorno mentre pranziamo in giardino, un giorno qualsiasi, in cui le racconto della mostra e della mia angosciosa ricerca della forma, lei mi fa questo nome.

 

“L’arte che chiamo concettuale”, dice Kosuth, “è tale perché si basa su un’interrogazione sulla natura dell’arte”.

 

La mia interrogazione è sulla natura della Storia, del racconto della storia. Che cosa fa sì che una storia sia Storia, che cosa fa sì che una memoria perduri come memoria, al di là dell’aneddoto, della battuta, della nota a piè di pagina, dell’eccezione, della stranezza. Qual è la materia che separa la rovina dalle macerie. Il monumento dall’oblio.

 

Da cinque mesi vivo in compagnia della frase Roma o morte; davanti alle mie finestre, iscritta sull’Ossario Garibaldino, un monumento ai morti che dice di tenerne viva la memoria. Quanto può essere viva una memoria della morte che non includa le vite in essa? Quanto può essere viva la memoria fissata sul monumento, immortalata?

 

Marc Augé dice che ci sono luoghi che non sono neanche questo, neanche meri luoghi, perché non hanno storia monumentale, identità o legami relazionali. Marc capisce solo Roma o la morte.

 

Da anni cerco la genealogia della diaspora contadina dell’Europa del Sud, quell’Europa che si pensa urbana e industriale e che, da lì, impone il suo mondo senza futuro al resto. Da anni cerco una nostra genealogia che non passi attraverso le logiche imperiali, attraverso il racconto scolastico, attraverso il museo, attraverso i film che ritraggono un mondo arretrato, violento, retrogrado, sporco e vergognoso che dicono essere stato la nostra campagna prima dell’agricoltura, prima del capitale, prima del progresso; racconti che non sorvolino sui nostri legami diasporici, i nostri pacchi da giù, i nostri ritorni d’estate nei paesi d’origine, in arrivi che sentono come ritorni a una casa perduta; vado alla ricerca di identità che non trascurino la nostra identità bastarda, deforme, effimera, attraversata dal divenire.

 

La mia domanda è come fare una storia che non desideri avere un monumento, che appartenga a qualcos’altro, a un altro mondo, ad altre ontologie. E che non menta nemmeno su chi sono io: oralità, memoria del corpo e la letteratura che, tante volte, mi ha anche salvato la vita.

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Brigitte-8Alba Garcí Fijo

Scrittrice, drammaturga e ricercatrice, titolare della cattedra Mercè Rodoreda di Studi Catalani presso l’Università di New York (CUNY), docente del Master in Genere e Comunicazione presso la UAB e ideatrice del 1° Festival della Cultura Txarnega a Barcellona.

Senza studi universitari, è figlia di contadini di Chandrexa de Queixa esiliati dalla loro terra ed emigrati. Il suo lavoro ruota attorno ai meccanismi di costruzione dell’alterità, con particolare interesse per la differenza sessuale e la scomparsa delle epistemologie contadine.

Come drammaturga, ha presentato Naxos, dramma in tre lamenti e un paio di atti, diretto da Gena Baamonde e appartenente alla prima fase della Trilogia di Naxos, e Un cos (possible) i lesbià, sull’opera di Monique Wittig, co-diretto insieme all’artista visiva Alba G. Corral. La sua produzione letteraria comprende romanzi come PornoBurka, saggi come Pensamiento Monógamo, Terror Poliamoroso o Lenguaje inclusivo y exclusión de clase, e poesie narrative come Tríptico del silencio, pubblicate contemporaneamente in tre diverse versioni nelle sue tre lingue madri.

Web: https://www.brigittevasallo.com/
Instagram: @la_vasallo